Ricorre la Regione «Puglia», in persona del presidente della giunta regionale dott. Raffaele Fitto, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Francesco Paparella ed elettivamente domiciliato in Roma, corso Trieste n. 88, studio del professore avvocato. Giorgio Recchia come da mandato a margine del presente atto e in virtu' della deliberazione n. 7/19/04, della giunta regionale di Puglia; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, nella persona del titolare pro tempore dell'ufficio, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art 32, comma 21 e 22, legge 24 novembre 2003, n. 326 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 274/25 novembre 2003 - Supplemento ordinario n. 181), che dispongono l'attribuzione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del potere di rideterminare i canoni annui di cui all'art. 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 e di fissare l'aumento degli stessi canoni nella loro rivalutazione del trecento per cento, e per cio' in violazione del novellato art. 117 e del novellato art. 119 della Costituzione con conseguente lesione della sfera di competenza della Regione «Puglia» e del principio di leale collaborazione. 1. - La manovra introdotta dai commi 21, 22, 23, dell'art. 32 legge 24 novembre 2003, n. 326 e' affidata alle seguenti disposizioni: con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono rideterminati i canoni annui di cui all'art. 3 legge 4 dicembre 1993, n. 494; dal 1° gennaio 2004 i canoni per la concessione d'uso sono rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate al trecento per cento; resta fermo quanto previsto dall'art. 6 del citato decreto del Ministro di cui al comma 22 (lettera b) relativo alla classificazione delle aree da parte delle regioni, in base alla valenza turistica delle stesse. L'aumento nella misura fissa del 300% e' destinato ad investire i canoni di concessione - con finalita' turistico-ricreative - di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei ed a gravare sulle attivita' produttive in genere costituite dalla gestione di stabilimenti balneari, da esercizi di ristorazione e di generi di monopolio, da noleggio di imbarcazioni e di natanti in genere; dalla gestione di strutture ricettive ed attivita' ricreative e sportive; e cosi' via. Naturalmente, nel Paese che ha le coste piu' lunghe di Europa, queste attivita', e le altre che potrebbero indicarsi, vengono svolte in condizioni ambientali, sociali ed economiche le piu' diverse fra loro, sia considerando il livello nazionale della comparazione, sia operando la stessa comparazione all'interno delle regioni lambite interamente dal mare, come la Puglia, nella quale la totale diversita', per fare esempi concreti, fra la complessiva condizione delle Tremiti, di Policoro e di Tricase, costituisce un dato di fatto a nostro avviso inconfutabile. Il richiamo a questa situazione di fatto induce, quindi, a rendersi conto della legittimita' o non della applicazione a realta' tanto diverse fra loro di un canone concessorio rivalutato uniformemente del 300%, alla luce, naturalmente, dell'ordinamento giuridico di maggior livello interpretato in funzione degli interessi protetti e secondo le individuate procedure. 2. - Cio' posto, l'impianto sistematico del novellato art. 117 della Costituzione permette di constatare che il demanio naturale marittimo non trovi luogo fra le materie nelle quali lo Stato ha legislazione esclusiva; che la materia dei porti ed aeroporti civili sia compresa fra quelle disciplinate dalla legislazione concorrente; che il lido del mare, la spiaggia, le rade e le lagune, non rientrando nel catalogo del secondo e terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, debbano essere sottoposte alla potesta' legislativa piena delle regioni. Quanto precede trova conferma nelle seguenti considerazioni. Alcune, piu' risalenti, incentrate sul disposto dell'art. 59, d.P.R. n. 616/1977, che ha delegato alle regioni le funzioni amministrative sulle aree del demanio marittimo, con riferimento alla loro utilizzazione per finalita' turistico-recettive. Sono restate nella competenza dello Stato le funzioni relative alla navigazione marittima, alla difesa e sicurezza nazionale ed alla polizia doganale. Il d.lgs. n. 112/1998 ha attribuito alle regioni le funzioni relative al rilascio delle concessioni sul demanio marittimo ed alla gestione turistico-ricettiva dello stesso demanio. Si consideri, in proposito, che la materia del turismo e' sicuramente nella competenza legislativa piena delle regioni. Sotto altro aspetto, va rilevato che la materia «porti» (parte del demanio naturale marittimo) e' inserita nella legislazione concorrente, id est nella competenza legislativa «propria» della regione, essendo lo Stato titolare della competenza legislativa «limitata» ai principi fondamentali (Corte costituzionale, n. 282/2002). Sotto ulteriore aspetto, vanno considerate le proposte di modifica dell'art. 117 della Costituzione, avanzate nella seduta 26 novembre 2003 del Senato sul disegno di legge costituzionale n. 2544, nel senso di aggiungere sub lettera s) nelle materie di competenza esclusiva dello Stato le locuzioni: «Del demanio marittimo, lacuale e fluviale», «porti e aeroporti civili di interesse nazionale o internazionale», «linee di navigazione aeree e marittime». L'intendimento di ricondurre le materie sopradette alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, costituisce, a nostro avviso la prova piu' evidente della attuale appartenenza della materia alla sfera della legislazione propria delle regioni o, a tutto concedere, a quella della legislazione concorrente (governo del territorio). Ma, in quest'ultima ipotesi, e' appena il caso di far notare che la rivalutazione (300%) del canone di concessione demaniale marittima non costituisce certo un «principio fondamentale» della legge dello Stato e, per di piu', non e' stata oggetto di alcuna congiunta valutazione da parte dello Stato e delle regioni. In conseguenza di cio', alla regione e' stata anche sottratta la possibilita' di operare, in via legislativa, sulla determinazione di una autonoma risorsa finanziaria, comunque attratta nella sfera regionale attraverso il dominio legislativo della materia.